Il futurismo italiano enunciò i suoi principi alla compiacente borghesia della Belle Époque.
Seguivano poi gli undici punti del “Manifesto futurista”, pubblicato inizialmente tra i vari giornali italiani, ove si esaltavano nei primi quattro le virtù della temerarietà, nei punti dal quinto al nono idealizzavano il conducente di un veicolo come parte integrante delle traiettorie dell’universo. Nel decimo chiedevano la distruzione di ogni tipo di istituzione accademica e nell’undicesimo si precisava il contesto ideale di un’architettura futurista. Personaggio essenziale dell’architettura futurista è Antonio Sant’Elia che nel 1905, a soli diciassette anni ottenne il diploma di capomastro alla scuola tecnica di Como; seguì i suoi studi ai corsi di architettura all’Accademia di Brera. Nel 1912, insieme ai suoi amici Mario Chiattone e Ugo Nebbia formarono il gruppo “Nuove Tendenze”. Alla prima esposizione Sant’Elia espose i propri disegni per la futuristica Città Nuova. Il “Messaggio” specifica la forma rigorosa che l’architettura avrebbe dovuto adottare nel futuro, ma i suoi schizzi non sono completamente coerenti con i suoi principi che preannunciavano un architettura non commemorativa. Il Manifesto Futurista equivaleva a una nuova forma del Messaggio a parte la continua ripetizione della parola “futurista”. Sant’Elia era completamente coinvolto nel Futurismo, e nel 1915 firmò il manifesto politico Orgoglio Italiano. Con la perdita di Boccioni e quella di Sant’Elia nel 1916 sul fronte, terminò il periodo produttivo del Futurismo.
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Stazione per treni e aerei
Casa a gradoni per la Città Nuova

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